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Parlamentari, in arrivo aumento di stipendio
Restano intatte le pensioni dei senatori dopo il no di Palazzo Madama. Probabile il voto contrario anche di Montecitorio
STRUMENTI
L'aula del Senato (Infophoto)
ROMA —
Scongiurato con decisione unanime il taglio al vitalizio e all'assegno di reinserimento, a pochi giorni dalla fine della XIV legislatura, i senatori si apprestano a ricevere un nuovo aumento di stipendio. Lo scatto, che riguarda anche i deputati, e che si trascinerà anche su pensioni e liquidazioni, si annuncia consistente. In grado comunque di cancellare il taglio delle indennità mensili dei parlamentari deciso con la Finanziaria 2006 appena entrata in vigore. Taglio che avrebbe dovuto essere del 10%, ma che in realtà, sia per gli stipendi dei deputati che dei senatori, si è fermato al 6%.
NUOVO SCATTO — L'aumento alle porte è quello biennale che deriva dall'agganciamento delle indennità parlamentari agli stipendi dei presidenti di sezione della Cassazione. Secondo alcune indiscrezioni l'aumento alle porte sarebbe intorno al 6%. Esattamente pari al taglio appena effettuato alle indennità, in ossequio alla Finanziaria del ministro Giulio Tremonti. La legge stabilisce che "la misura massima" dell'indennità mensile dei parlamentari debba essere ridotta del 10%. Se non che lo stipendio dei parlamentari, fino al dicembre scorso, era pari non "al massimo", ma al 96% dello stipendio dei magistrati. Sicché il taglio effettivo già adottato dal Senato, e che la Camera si appresta a varare martedì prossimo, sarà di soli sei punti percentuali. La riduzione delle indennità appena decisa, da 5.940 a 5.580 euro netti mensili (cui si aggiungono 4 mila euro di diaria, 4.678 euro di rimborsi, in parte ai gruppi politici di appartenenza, oltre ai forfait annuali per i viaggi, da 9 a 18 mila euro) rischia di essere del tutto vanificata. Mentre non accenna a placarsi la polemica sulla decurtazione del cosiddetto "assegno di reinserimento", pari all'80% dell'indennità mensile per ogni anno di mandato effettuato, e sul vitalizio, variabile tra il 25 e l'80% dell'indennità, anche reversibile, e che scatta ai 65 anni d'età (60 se l'ex parlamentare ha fatto più di una legislatura).
PENSIONI INTATTE — Palazzo Madama, l'altra notte, ha bocciato la proposta che il senatore della Lega Nord, Francesco Moro, considera «una forzatura del presidente del Senato», che l'ha avanzata e che è stato l'unico a sostenerla. «È un'interpretazione troppo estensiva della Finanziaria. Lì c'è scritto taglio dell'indennità mensile. Punto, altro che pensioni e vitalizi», dice Moro. «Senza contare che la proposta di Pera avrebbe avuto l'effetto di ridurre le pensioni anche a chi non è più membro del Parlamento, perché l'assegno è indicizzato all'indennità mensile. E la Finanziaria prevede il taglio solo per i membri attuali del Parlamento», afferma Giuseppe Firrarello, esponente di Forza Italia nel Consiglio di Presidenza del Senato. Le stesse argomentazioni che il senatore Ds Stefano Passigli ha formulato l'altra notte nel corso della riunione.
MARTEDÌ LA CAMERA — La palla ora passa ai questori del Senato, che dovranno trovare il modo (che a tutti pare difficile) di applicare la norma proposta salvaguardando i diritti acquisiti dagli ex senatori. Martedì prossimo, invece, ad affrontare la delicata questione del taglio alle pensioni sarà la Camera. I Questori di Montecitorio, a scanso di polemiche, hanno chiesto un parere preventivo all'Avvocatura dello Stato. Che stando alle indiscrezioni confermerebbe tutte le perplessità emerse in Senato. Anche alla Camera, dunque, la bocciatura del taglio alle pensioni e alle indennità sembra probabile. Se non altro per non creare disparità di trattamento con i colleghi senatori. Dalla Camera è attesa anche la decisione sul taglio dell'indennità mensile. Non scontata, se è vero che qualcuno insiste nell'intervenire solo sulle voci accessorie dello stipendio.
Mario Sensini
13 gennaio 2006